Buon Natale!

Martedì 16 dicembre, alla Cena di Natale, non abbiamo portato presentazioni, numeri o grafici. Abbiamo portato un abbraccio e un grazie, semplice e profondo.

Abbiamo scelto volutamente la quiete. Di stare insieme senza rumore, senza la necessità di dimostrare nulla, se non il desiderio autentico di riconoscerci dopo un tempo intenso, a tratti faticoso, certamente trasformativo. Un tempo che ci ha messi alla prova non solo nelle scadenze e nelle decisioni, ma nella capacità di adattarci, di rimetterci in gioco, di restare dentro il cambiamento anche quando era repentino, imperfetto, scomodo.

Il mondo intorno a noi sembra correre in una direzione che guarda ai numeri prima che alle persone, alla velocità prima che al senso. Noi, in questi anni, abbiamo scelto un’altra strada. Più impegnativa, forse più lenta, ma profondamente nostra. Una strada che mette al centro il lavoro fatto bene, le relazioni, l’idea che un’azienda sia prima di tutto un luogo umano, dove potersi riconoscere e, a volte, ritrovarsi.

Ostificio Prealpino e Minetti 1980 non sono solo luoghi di produzione. Sono storie, energie, responsabilità che si intrecciano ogni giorno. In Ostificio Prealpino abbiamo rimesso mano alla nostra casa, non solo negli spazi e negli impianti, ma nel modo di lavorare, di parlarci, di crescere insieme. Abbiamo riportato in casa processi, competenze, scelte che parlano di identità e di futuro, e quei numeri che pure esistono raccontano soprattutto turni condivisi, fiducia costruita, dignità del lavoro. In Minetti 1980 il nuovo impianto è stato un respiro profondo. Più spazio, più ordine, più sicurezza. Ma soprattutto una squadra che ha imparato a conoscersi meglio, a confrontarsi, a sbagliare e riprovare. Non è stato un anno facile. Ci sono state incomprensioni, discussioni, silenzi. Eppure, proprio lì, nel confronto vero, abbiamo imparato qualcosa di prezioso: che il conflitto, se attraversato con rispetto, può diventare crescita.

In questo tempo abbiamo visto molta vita scorrere nelle nostre giornate. Presenze piene, generose, responsabili, di quelle che non si misurano in ore ma in intensità. Gesti silenziosi che hanno tenuto insieme più di quanto chi li compiva immaginasse. E abbiamo visto anche assenze, legate alla fragilità o a scelte diverse. Anche queste ci hanno insegnato qualcosa: che una comunità vive in un equilibrio delicato, fatto di presenze che reggono mentre altre si allentano, e che il valore di un gruppo sta proprio in questo movimento reciproco.

Continuiamo a credere, forse ostinatamente, che si possa fare impresa senza smarrire l’umanità. Che il business non sia in contrasto con la cura, ma richieda responsabilità. E che la responsabilità collettiva nasca da tante piccole responsabilità individuali, assunte con consapevolezza e coerenza, ogni giorno.

Quella sera, guardandoci negli occhi, abbiamo sentito forte una cosa: siamo una grande famiglia. Una parola che sembra fuori tempo, quasi anacronistica, in un mondo che spesso dimentica le relazioni. Ma per noi resta una scelta imperfetta, esigente, ma viva. Ci accompagna una convinzione semplice e profonda: nessuno si salva da solo. La libertà che difendiamo non è solitaria, ma condivisa, radicata nella storia che ci precede e nella responsabilità che ci assumiamo insieme.

Chiudiamo con parole che sentiamo nostre, di María Zambrano: “Solo ciò che è stato vissuto insieme diventa davvero reale”.

Grazie a chi c’era.

Grazie a chi ha tenuto in questi mesi.

Grazie a chi continua a dare senso al cammino.

Buon Natale, con affetto e gratitudine sincera,

Aurora e Diego